
Futuri Fuori dal Coro
La nuova rubrica di SKOPIA che ospita le opinioni di colleghi e colleghe futuristi/e ed esperti/e per accogliere visioni ed interpretazioni diverse da quelle "ufficiali" e per riflettere sulle tematiche attuali sempre con un occhio verso i futuri.

Futuri Fuori dal Coro
La nuova rubrica di SKOPIA che ospita le opinioni di colleghi e colleghe futuristi/e ed esperti/e per accogliere visioni ed interpretazioni diverse da quelle "ufficiali" e per riflettere sulle tematiche attuali sempre con un occhio verso i futuri.
L’evoluzione di un capitolo importante della Grande Transizione dalla scarsità all’abbondanza: il cambiamento di paradigma nel dibattito sulla crisi climatica
Negli ultimi anni il clima è passato dall’essere un tema centrale delle elezioni europee del 2019 a diventare un argomento marginale o addirittura oggetto di attacchi nel 2024 e 2025.
In Europa come in Nord America, la crescita del populismo di destra e la perdita di consensi dei Verdi riflettono uno spostamento degli elettori (anche della generazione Z) verso posizioni più radicali, sia a sinistra che a destra.
La retorica della destra ha contribuito a dipingere le politiche ecologiste come sacrifici che impoveriscono la popolazione senza portare a risultati concreti.
La sinistra ha intercettato parte del voto giovanile ecologista grazie a una piattaforma che unisce ambiziosi obiettivi climatici con politiche sociali più radicali.
Sebbene la maggioranza degli europei continui a considerare la crisi climatica una questione importante, si osserva un crescente spostamento dell’attenzione verso la sicurezza economica e geopolitica.
Il supporto per la mitigazione del cambiamento climatico è ancora diffuso, ma molti cittadini iniziano a privilegiare l’adattamento, segno di una crescente sfiducia nella capacità dei governi di attuare politiche efficaci.
Questo anche per l’emergere di un messaggio alternativo a quello della scarsità, che è invece centrale per i partiti ecologisti ma fiaccata da trasformazioni tecnologiche profonde che stanno abbattendo i costi dell’intelligenza e dell’energia pulita.
Per molti l’abbondanza non rappresenta più un’utopia, bensì un destino inevitabile.
La produttività economica, non la decrescita, è percepita come essenziale per finanziare la transizione ecologica e la ricostruzione degli ecosistemi danneggiati.
Green Deal sotto pressione: l’Europa cerca nuovi equilibri
Così, anche in Europa, il Green Deal è sottoposto a critiche anche dalle forze che prima lo sostenevano, a causa di normative troppo rigide, obiettivi climatici onerosi e ardui da raggiungere nei tempi previsti.
Il Partito Popolare Europeo (PPE), con il sostegno dei governi di Germania, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Francia, sta guidando la richiesta di una sua revisione, proponendo rinvii sulle normative ambientali e opponendosi a misure come la carbon tax alle frontiere.
Ursula von der Leyen ha a sua volta confermato l’intenzione di una “semplificazione radicale” delle regole.
Si punta comunque sull’elettrificazione, la via più efficace per la decarbonizzazione, ma su un arco di tempi più esteso, esattamente come in altre regioni del mondo si adottano strategie più flessibili e pragmatiche per la decarbonizzazione.
L’analisi di Michael Cembalest (J.P. Morgan) mette in evidenza una realtà scomoda: nonostante i 9 trilioni di dollari investiti negli ultimi dieci anni in energie rinnovabili, mobilità elettrica, accumulo energetico e reti elettrificate, il progresso rimane lineare e marginale, con un incremento annuo della quota di consumo energetico rinnovabile compreso tra lo 0,3% e lo 0,6%.
Il consumo di combustibili fossili non mostra ancora segnali chiari di un picco globale. Senza nucleare a fissione e fusione, geotermia avanzata e geoingegneria, la decarbonizzazione richiederà tempi molto più lunghi del previsto.
Non per caso diverse grandi aziende (es. Walmart, Kraft Heinz, Ford, Meta, American Airlines, Nestlé, Coca-Cola, UBS) hanno progressivamente ridimensionato o eliminato dai loro siti web riferimenti espliciti agli impegni ambientali e attenuato i loro impegni climatici.
L’ESG, un tempo simbolo di progresso negli investimenti sostenibili, ha iniziato a perdere slancio dopo una crescita esponenziale tra il 2018 e il 2021.
Transizione ecologica bipartisan: superare le divisioni ideologiche
Abbandonarsi al pessimismo non è né però utile, né giustificato. Il rallentamento o flessione è stato causato anche dal diffuso “greenwashing” (marketing ingannevole di aziende e organizzazioni che si spacciano per sostenibili, pur non essendolo), che ora, però, viene finalmente contrastato attivamente.
L’elezione di Donald Trump come 47º Presidente degli Stati Uniti ha sì segnato una svolta netta nella politica energetica americana, caratterizzata da una marcata deregulation: l’uscita dall’Accordo di Parigi (irrealistico), la revoca delle restrizioni sulle esportazioni di gas naturale liquefatto (ridurrà comunque le emissioni), la cancellazione degli obblighi per i veicoli elettrici (la mobilità elettrica esploderà grazie all’arrivo delle fabbriche cinesi in America, fortemente voluto da Trump) e la rimozione del divieto di trivellazioni offshore.
Sebbene quest’ultima misura possa suggerire che un aumento delle emissioni sia inevitabile, le tendenze storiche dimostrano che le emissioni statunitensi hanno continuato a seguire la stessa curva di diminuzione negli ultimi decenni, tanto che è impossibile distinguere le differenze tra le varie amministrazioni.
Quanto ai Paesi in via di sviluppo, è vero che la loro priorità è garantire energia abbondante e a basso costo per favorire l’industrializzazione e l’occupazione, piuttosto che aderire rigidamente agli obiettivi climatici globali. Però il colossale boom dei pannelli elettrici in Pakistan, la costante e poderosa crescita delle rinnovabili e della mobilità elettrica in Cina e Sud Est asiatico e del nucleare e geotermia in Africa, oltre all’espansione degli investimenti privati nella “fusione commerciale” (con decine di aziende private che fanno ricerca e sviluppo in tutto il mondo, Italia inclusa), ci dicono che probabilmente gli scenari peggiori non si materializzeranno.
Questa è una strada che consente di conciliare progresso e sostenibilità in un mondo in cui la crescita economica rimane una priorità per i governi e gli elettori e le economie emergenti difficilmente accetteranno una riduzione volontaria del loro sviluppo.
Leggere la crisi climatica come un’opportunità per aziende e governi
Un approccio più efficace si basa su incentivi economici e segnali di mercato, che nei paesi sviluppati hanno già dimostrato di favorire innovazione e ottimizzazione delle risorse.
La transizione ecologica avrà maggior consenso se presentata come un’opportunità di sviluppo tecnologico, creazione di posti di lavoro e miglioramento del tenore e qualità della vita, anziché come un perpetuo sacrificio imposto dall’alto.
Inoltre, in questo modo, diventerà uno sforzo bipartisan: gas naturale, solare, geotermico e nucleare sono, infatti, le fonti energetiche su cui destra e sinistra si trovano essenzialmente d’accordo; assieme, stanno abbattendo le nostre emissioni.
Di conseguenza, l’evoluzione delle politiche energetiche sta ridefinendo le tradizionali divisioni ideologiche, con attori inaspettati che guidano la transizione. Il Texas, noto per i combustibili fossili, è ora leader statunitense nelle rinnovabili in un testa a testa con la California, mentre governanti conservatori europei adottano politiche più ecologiste di alcuni governi progressisti, sfidando la loro stessa base.
Ciò suggerisce che le strategie ambientali del futuro saranno guidate da interessi pragmatici piuttosto che da schieramenti politici rigidamente definiti.
Per esempio, Trump ha modellato il suo secondo mandato intorno alla figura di Richard Nixon. Intende completare i piani del suo predecessore, rimasti incompiuti dopo il Watergate.
Richard Nixon (37° Presidente degli Stati Uniti, 1969-1974) ebbe un impatto decisivo sulla politica ambientale americana. Sebbene non fosse un ecologista per convinzione personale, durante il suo mandato furono approvati alcuni dei provvedimenti più importanti nella storia degli Stati Uniti: Environmental Protection Agency (EPA), Clean Air Act, Clean Water Act. E poi ci fu il “Project Independence”, ossia la costruzione di nuove centrali nucleari attraverso finanziamenti federali e partnership pubblico-private.
L’innovazione nei reattori modulari di piccola scala (SMR) offre oggi una soluzione per superare le tradizionali resistenze sul nucleare da fissione, riducendo costi e migliorando la sicurezza. Questo cambiamento di paradigma è favorito dal fatto che anche l’amministrazione Biden aveva già avviato un’apertura al nucleare tradizionale, rendendo difficile per i Democratici opporsi a un’espansione di questa tecnologia. Se il progetto nixoniano fosse stato realizzato, oggi gli Stati Uniti avrebbero ampiamente rispettato i vincoli di Parigi (!) e sarebbero energeticamente sovrani.