Pensiero Sistemico nell’Anticipazione: cos’è e come funziona

Pensiero Sistemico nell’Anticipazione: cos’è e come funziona

Il Pensiero Sistemico è un paradigma utile e necessario per navigare la complessità e gestire problemi “perversi”. Scopriamo insieme come funziona 

Nell’Anticipazione e negli Studi di Futuro, il Pensiero Sistemico non è propriamente un metodo o uno strumento, ma un paradigma, ovvero un modo di interpretare la realtà attuale e futura e di definire in modo esplicito le “cornici” di significato, tramite le quali inquadrare i cambiamenti, le tendenze, quindi l’intera esplorazione dei possibili futuri. 

Adottare un Pensiero Sistemico aiuta a riconoscere i sistemi di interesse e le relazioni tra gli elementi che li costituiscono,  per comprenderne il funzionamento, che spesso può sembrare controintuitivo. Gli strumenti del Pensiero Sistemico sono funzionali alla sintesi, un paradigma complementare a quello analitico e riduzionista, a vedere l’albero e la foresta contemporaneamente. Per comprenderne il funzionamento è utile partire dalla definizione di paradigma e procedere al confronto tra il paradigma sistemico e quello analitico, su cui si basa la scienza moderna. 

Una definizione di paradigma

Possiamo intendere un paradigma come il fondamento che dà forma al nostro modo di pensare e vedere il mondo, l’insieme dei presupposti e i modelli  su cui costruiamo le nostre teorie o spiegazioni. Alla base della conoscenza possiamo distinguere due diversi paradigmi

  • il paradigma analitico, alla base delle attività di analisi
  • il paradigma sistemico, alla base delle attività di sintesi

Il paradigma analitico o riduzionista alla base della scienza moderna

La scienza moderna opera principalmente seguendo un metodo di ragionamento basato sull’analisi, che è quello che siamo tutti più o meno abituati ad utilizzare per comprendere la realtà che ci circonda.

Come funziona?

Il procedimento analitico cerca di comprendere la realtà guardandola come un sistema composto da più elementi: l’obiettivo è scomporre una realtà nei suoi singoli elementi più semplici e nei meccanismi costitutivi, per poi descriverla in modo generalizzabile nella sua interezza come la somma (o la semplice giustapposizione) di questi stessi elementi. 

Il ragionamento analitico è, per questo motivo, anche detto riduzionismo.

Il riduzionismo scientifico moderno è spesso descritto nei termini di un processo in tre fasi, che utilizziamo per analizzare le cose. Eccole riassunte:

  • fase 1 – scomporre: prendiamo qualcosa e la scomponiamo nei suoi elementi costitutivi. Questo procedimento è profondamente intuitivo per noi quando vogliamo capire come funziona un’automobile, un organismo vivente o un’azienda. La prima cosa che facciamo è isolare l’oggetto, portandolo in un garage o in un laboratorio e lo scomponiamo nelle sue parti costitutive.
  • fase 2 – analizzare: una volta che abbiamo scomposto il sistema nei suoi componenti più elementari, analizziamo questi singoli componenti in modo isolato per descrivere le loro proprietà e il loro funzionamento.
  • fase 3 – ricomporre: ricombiniamo questi componenti nel sistema originale, che ora può essere descritto in termini di insieme dei suoi singoli elementi. 

Il riduzionismo si è dimostrato un metodo altamente efficace e di grande successo nella comprensione di molti sistemi, dagli atomi al DNA, dalla progettazione della moderna azienda a quella dello Stato nazionale. 

Quindi è del tutto normale che, essendo il metodo fondamentale della scienza moderna, sia per noi scontato utilizzarlo. Potremmo dire che, per estensione, il metodo analitico, ovvero riduzionista, è diventato il nostro modo privilegiato di comprensione del mondo: prendi un problema difficile e dividilo in sotto-problemi risolvibili

I limiti del paradigma analitico-riduzionista

Tuttavia, il metodo analitico-riduzionista presenta dei limiti.

Poiché nel paradigma riduzionista comprendiamo i sistemi isolando le loro parti, il riduzionismo sminuisce sistematicamente e intrinsecamente le relazioni tra le parti dell’intero, tra le parti ed altri “interi”, tra l’intero e il suo contesto. 

In poche parole, il metodo analitico funziona bene quando c’è un livello basso di interconnettività all’interno del sistema che stiamo studiando e scarsa interdipendenza con altri sistemi. Il che, in genere, è abbastanza raro, anche se diversamente rilevante, a seconda del punto di visto e dello scopo dell’analisi.

“Dividere una mucca in due, non ti dà due mucche più piccole”, ma è come se lo pensassimo quando separiamo la realtà in parti disgiunte perdendo di vista gli interi o scomponiamo problemi complessi in “problemi semplici”. (fonte: Systems 1 – Introduction to Systems Thinking, Draper L. Kauffman, Morgan D. Kaufmann, 2021, p.4).

In quali sistemi non funziona bene il metodo analitico?

Molti dei sistemi di interesse per le comunità locali, la società globale o l’economia hanno un alto livello di interconnettività e interdipendenza:

  • sistemi ecologici
  • reti informatiche 
  • sistemi economico-sociali 

sono tutti esempi di sistemi per i quali il metodo analitico da solo è fuorviante o disfunzionale, perché caratterizzati fortemente dalle specifiche relazioni interne e non dalle proprietà statiche e individuali dei singoli elementi. 

L’approccio riduzionista non è adatto a comprenderli, anzi, come affermano Senge e Forrester. 

“i grandi problemi della società di oggi sono causati dai tentativi di risolverli con l’approccio riduzionista del secolo scorso”.

Per poterli indagare quindi dobbiamo evolvere il nostro paradigma verso uno incentrato sulle relazioni piuttosto che sulle componenti, ecco che entrano in gioco la sintesi e il Pensiero Sistemico.

Il paradigma sintetico o sistemico 

La sintesi nella complessità, alla base del Pensiero Sistemico, è un’attività iterativa, mai definitiva, in cui si riconoscono diversi livelli di aggregazione o di relazione tra gli elementi per distinguere uno o più “interi”. 

La sintesi si concentra quindi sulle relazioni tra gli elementi, cioè sul modo in cui questi elementi si influenzano dinamicamente in un tutt’uno funzionante, e cerca di comprendere un sistema proprio a partire da queste relazioni, quindi senza scomporlo, ma guardandolo nel suo insieme.

Anche questo processo consta di alcune fasi chiave:

  • fase 1 – identificazione o definizione delle cornici: consiste nell’identificare il sistema o i sistemi di cui fa parte il nostro oggetto di interesse. Ad esempio, un mammifero fa parte di un ecosistema, una persona fa parte di un gruppo, un gruppo fa parte di una cultura; le cornici o i livelli di aggregazione riconoscibili dipendono dall’osservatore e dal suo scopo, non ci sono cornici giuste o sbagliate ma più o meno utili (focalizzare una persona, un quartiere o una regione dipende dallo scopo dell’osservazione). 
  • fase 2 – identificazione delle relazioni causali: si distinguono le relazioni dinamiche tra le parti per comprendere le cause del funzionamento dell’intero sistema. Così, per comprendere l’hardware dobbiamo avere una conoscenza dei processi e relazioni tra parti dell’intero computer, per comprendere il fenomeno della siccità dobbiamo considerare cosa accade nel bacino idrico (anziché guardare solo un tratto di un fiume in secca) e così via.
  • fase 3 – identificazione delle “leve”: si cerca di capire quali variabili e quali relazioni tra esse sono più influenti sul comportamento dell’intero sistema anche in relazioni ad altri sistemi, per definire eventuali “interventi sistemici”. 

In poche parole si tratta di identificare le relazioni tra gli elementi e le loro funzioni all’interno di un sistema, così come il ruolo di questo sistema nell’ambito di un sistema più ampio, per definire o supportare azioni più efficaci nel tempo. 

Quali vantaggi dal Pensiero Sistemico nelle organizzazioni

La competenza di Pensiero Sistemico, o la “disciplina” come definita da Senge, permette agli individui e alle organizzazioni di:

  • migliorare l’aderenza dei modelli mentali alla realtà
  • comprendere le cause profonde delle dinamiche che i sistemi complessi manifestano
  • trovare le “leve” per innescare cambiamenti desiderabili e duraturi

Nella Teoria e pratica dell’Anticipazione tutto ciò rappresenta una base di concretezza ed efficacia. Infatti, l’Anticipazione si basa su modelli della realtà, informati da dati, informazioni e da “anticipazioni “(timori, aspettative, proiezioni, visioni, scenari), che possono essere meglio articolati in “spiegazioni causali” (descritte da relazioni causali tra elementi variabili nel tempo), che se esplicitate possono essere discusse e migliorate continuamente con nuovi dati o informazioni o adattate a specifiche combinazioni di condizioni (scenari). 

-skopìa supporta la diffusione di competenze di Pensiero Sistemico nelle organizzazioni pubbliche o private, con sperimentazioni applicative anche nella scuola (secondaria di primo e secondo grado), attraverso percorsi di formazione come la Scuola Estiva di Pensiero Sistemico e gli Strumenti digitali collaborativi, o di accompagnamento al cambiamento grazie al coaching sistemico

I formatori di -skopìa collaborano con realtà a livello nazionale italiano (SYDIC Italian Chapter of System Dynamics Society) e internazionale (System Dynamics Society, Waters Center for Systems Thinking). 

Rocco Scolozzi
Rocco Scolozzi
Laurea specialistica in Scienze Ambientali, Laurea di I livello in Sistemi Informativi Territoriali, Dottorato di Ricerca in Ingegneria Ambientale. Negli anni ha acquisito competenze di ricerca sul campo con strumenti qualitativi di ricerca sociale, e sviluppato esperienze di docente universitario, formatore e facilitatore, anche sperimentando approcci originali. Come socio fondatore di -skopìa porta l'approccio sistemico ed ecologico (Systems Thinking - Systems Dynamics) nello sviluppo e applicazione dei Futures Studies. È il responsabile per -skopìa dei Bandi competitivi Europei.