Cosa Ci Dice La Demografia Sui Futuri? - SKOPIA Anticipation Studies Blog

Cosa Ci Dice La Demografia Sui Futuri?

LE INCERTEZZE SULL’EVOLUZIONE DELLA POPOLAZIONE SOTTO LA LENTE DEL NOSTRO SECONDO OSSERVATORIO

Seconda puntata della mini rassegna sulle incertezze che attraversano questi anni di transizione della Quarta Rivoluzione Industriale, quella dell’entrata nell’era digitale.

La demografia può aiutarci a capire quali futuri ci aspettano sul medio-lungo periodo attraverso le sue proiezioni ed estrapolazioni? La risposta è senz’altro positiva: possiamo quanto meno trarre suggestioni che ci possano ispirare nel prendere decisioni più informate, se però acquisiamo una capacità di leggere i suoi numeri in modo più sofisticato cioè aderente alla complessità del mondo in cui viviamo, anche al di là di come vengono solitamente presentati.

Tra le tante conseguenze della pandemia per cui il 2020 resterà nella storia, c’è anche il riconoscimento dei limiti di alcuni approcci scientifici ai fenomeni che riguardano il futuro. Ad esempio per la gran parte di quelle discipline che utilizzano i metodi di previsione quantitativa e che rientrano nel cosiddetto forecasting, ovvero metodi che si basano su estrapolazioni di carattere statistico.

Quante previsioni econometriche sono diventate carta straccia o “memoria elettronica straccia” dall’inizio del 2021! Previsioni sul PIL, sul turismo e su tanti altri settori produttivi, sul commercio nazionale e globale, sull’occupazione e così via. E tutto questo quale conseguenza di un evento largamente prevedibile – certo con alcuni aspetti inusitati – e di fatto previsto, ma ignorato da molte scienze predittive.

La tendenza è allora a guardare alla demografia e alle sue tante diramazioni per cercare appigli e nuove certezze. A rifugiarsi nei suoi trend e megatrend consolidati, che nemmeno la pandemia riuscirà a scalfire: aumento della popolazione globale, invecchiamento, inurbamento, ….

Eppure, anche le proiezioni demografiche nella loro reale o apparente ineluttabilità non riescono a sottrarsi alla legge non scritta dei futuri – che saranno sempre molto diversi non solo dal presente, ma da qualsiasi descrizione in cui li si voglia cristallizzare – e alle loro sorprese, brutte o belle che siano.

Pensiamo, ad esempio, al concetto di “popolazione attiva” e alla lunga serie storica di dati che ci forniscono il numero di persone in età tra i 14 e i 65 anni. A guardare la curva del declino negli ultimi decenni si può certo perdere il sorriso, ma forse varrebbe la pena chiedersi: ma siamo sicuri che si possano mettere sullo stesso piano i sessantacinquenni o i settantenni di oggi e quelli del 1960 o del 1980? Alcuni statistici, come Vivian Egidi, che queste cose le hanno studiate bene, ci dicono che stiamo parlando di generazioni diverse e che in termini di “età equivalente”, con le dovute necessarie differenze tra uomini e donne, si sono “guadagnati” almeno una decina d’anni. Per non parlare della qualità della vita in età adulta matura. Proiettiamo allora anche queste considerazioni nei decenni a venire: il quadro cambia!

L’interpretazione dei dati, o meglio, delle tendenze demografiche attraverso la lente degli Studi sui Futuri fa vedere, per fare un altro esempio, come il tasso di natalità non possa essere preso come un “indice di qualità del futuro” (se si è sopra una soglia va bene, se si è sotto è un disastro), ma debba essere considerato nelle sue potenziali conseguenze per spingerci ad adottare soluzioni creative al fine di garantire anche ai posteri benessere e felicità. Con una grande attenzione alle interdipendenze, proprio tra i cosiddetti megatrend compresi quelli demografici, che spesso vengono sottovalutate.

A cominciare dall’Italia.

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Antonio Furlanetto
Antonio Furlanetto
Dopo la laurea in Germanistica presso la facoltà di Trieste (ma anche Berlino e Lubiana) ha conseguito il Master in Diritto delle Responsabilità Civili presso l'Università di Genova, specializzandosi poi nel problem solving transnazionale e nella risoluzione dei conflitti culturali. Ha frequentato il Master in Previsione Sociale presso l'Università di Trento. Quando approda in -skopìa porta con sé oltre vent'anni di esperienza professionale nel settore delle assicurazioni (sinistri internazionali, fino al ruolo di country manager), nel risk manager (è socio di ANRA) e nel business aziendale per contribuire alla costruzione dei prodotti dedicati alle imprese e alle amministrazioni pubbliche.