I Neo Futuristi - Intervista A Luca Riccadonna - SKOPIA Anticipation Studies Blog

I Neo Futuristi – Intervista A Luca Riccadonna

Continua la rubrica dedicata ai nostri/alle nostre “compagni/e di viaggio” alla scoperta dei futuri nelle scuole e nelle organizzazioni, nella ricerca sulle metodologie e nella disseminazione della Futures Literacy. In questa puntata Francesco Brunori intervista Luca Riccadonna.

Luca Riccadonna, Presidente dell’Associazione Giovani Cooperatori Trentini

La voglia di immaginare

In seguito alla positiva esperienza fatta durante il progetto di intercooperazione territoriale “Cooperazione 2040”, di cui vi abbiamo già parlato all’interno del nostro blog, abbiamo collaborato con i Giovani Cooperatori Trentini durante il percorso formativo “Changemakers per il futuro”. Approfondendo i Futures Studies e il System Thinking abbiamo lavorato su temi di interesse comune per sviluppare competenze da poter applicare in ogni ambito professionale per orientare il proprio business.  

Così abbiamo conosciuto Luca Riccadonna che in questa intervista ci racconta il suo approccio alla Futures Literacy.

Per prima cosa, Luca, ti chiederei di presentarti nella tua doppia veste professionale.

Mi chiamo Luca Riccadonna e sono il presidente dei Giovani Cooperatori Trentini, ma la storia è un po’ più lunga. Ho fatto le professionali e di mestiere sono elettricista e tecnico conduttore di sistemi automatizzati. Cosa sono? In pratica l’informatica collegata all’industria, ai processi industriali in logica binaria.

Però c’è sempre stato quel qualcosa che mi ha tenuto legato alla mia valle, al mio territorio! Volevo tornare lì dove c’era l’azienda agricola di famiglia, che non si sapeva se mandare avanti o meno. Così alle fine ho deciso di tornare in azienda e ho ripreso a studiare. Ho fatto l’istituto agrario a San Michele all’Adige, due anni per capire un po’ come funziona il tema dell’agricoltura e lì ho conosciuto il mondo cooperativo.

Non sapevo cosa fosse, come funziona. Vedevo da un lato la possibilità di fare la vendita diretta e quindi di valorizzare al massimo il mio lavoro, il mio prodotto. Dall’altra intuivo un innegabile vantaggio nell’economia di scala delle cooperative. Dall’esterno, sapendone poco o nulla, non mi sembravano due attività in conflitto e così a San Michele ho fatto un progetto decisamente innovativo legato ad una sorta di fusione tra vendita diretta e cooperazione. Una cosa che, per così dire, demolisce tre quarti di quello che è oggi il pensiero legato al sistema cooperativo.

Per come sono fatto io, nel momento in cui “contesto un modello”, mi piace fornire alternative percorribili. Altrimenti, come si dice da noi: “Tasi!”. Quindi sono diventato un maestro cooperatore, ho fatto tutti i corsi possibili e immaginabili offerti dalla cooperazione e sono andato a conoscere la realtà delle cooperative in Trentino. E me ne sono appassionato!

Ho girato poi l’Italia, un po’ anche in Europa. Ho cominciato ad occuparmi in Confcooperative del tema delle comunità e sono entrato appunto nei giovani cooperatori trentini. Sono stato eletto nel Consiglio nazionale giovani dove ho la delega alla commissione sviluppo di cooperative, dirigo la funzione sviluppo e da poco sono nel Consiglio nazionale di Confcooperative, che sarebbe praticamente il Parlamento della cooperazione italiana, sempre in rappresentanza dei giovani.

Come sei arrivato alla Futures Literacy?

Ai Futures Studies, ma anche al System Thinking, sono arrivato tramite i corsi che siamo riusciti ad attivare con i giovani cooperatori. Devo dire che aiuta un sacco! Ti aiuta anche a scrivere “follie”, nel senso che più ci si fa domande più continui a fartene. Immaginare un futuro, lo facciamo in tanti, ma scriverlo è un’altra cosa! Abbiamo paura che diventi vero, da un certo punto di vista, perché secondo me non riusciamo a definire i confini. È facile descrivere qualcosa che esiste, una cassetta di legno su un prato, ad esempio, perché se mi chiedi quanto è grande te lo so dire: perché è lì e la vedo! Se devo immaginarla nel nulla, azzurra, che vola, o cose simili, ho paura di non essere adeguato quando qualcuno mi chiede spiegazioni.

E come sono entrati nel tuo mondo e nel tuo lavoro gli Studi sui Futuri nella sperimentazione con -skopìa?

Prima di conoscere gli Studi di futuro ho sempre avuto una convinzione: passare “attraverso” un pensiero, per folle che sia! Per esempio, vedi questo accendino? Ok, immaginalo gigante! La prima cosa che mi viene in mente è: la rotella col pulsantino. Attraversare un pensiero relativamente assurdo è utile perché, nel momento in cui ti troverai in un altro ambito, in un’altra situazione, ti tornerà utile pensare a qualcosa che ci assomiglia! Passare attraverso ipotesi anche fantasiose e trascriverle, appuntartele, è fondamentale. Metterle lì, dargli un po’ più di concretezza! Se sei allenato puoi anche rischiare di farle, però l’ideale è trascriverle perché se non c’è l’abitudine ad affrontare situazioni insolite, quando ti si presenta un problema e ti chiedono di trovare soluzioni, le alternative non ti vengono subito in mente.

Questo allenamento secondo me è molto utile. E durante le lezioni sull’Anticipazione che abbiamo fatto, mi hanno detto: immagina! Ed io mi sono divertito un mondo! Sono una persona allenata, non a scalare in montagna, ma a fare queste cose sì. Per me è importante anche portare avanti una cultura dell’allenamento al di là delle ipotesi.

Hai testato sulla tua esperienza se ragionare di futuro predispone ad una apertura e a una maggiore proattività anche nel superare situazioni negative?

Non come te lo immagineresti.

Ragionare, parlare di futuro aiuta a portarsi dietro tante altre cose. Questo è un elemento fondamentale per arrivare dove ti eri prefissato. Vale a dire: pensare al futuro in maniera strutturata crea un terreno fertile per relazioni utili.

I futuri sono tanti, ma non avendo la sfera di cristallo, la logica è: potrebbe succedere questo, potrebbe succedere quell’altro; se succede questo, allora reagiamo in questa maniera che porta questa soluzione e così immaginiamo una strada. Se succede qualcos’altro immaginiamo un’altra strada.

Ti dirò fra qualche anno cosa ne penso fino in fondo. Oggi, però, parlare di futuri mi ha permesso di metterli su carta, di discuterli con altri, modificando contemporaneamente le relazioni che hai con altri. Prendi in considerazione elementi che magari ti erano sfuggiti, te li annoti, ne prendi consapevolezza!

Confrontarsi con gli altri modifica tutto, tutto il tuo ambaradan. E inoltre ti fa fare introspezione. Ci sono delle relazioni con altri che vanno ad influenzare il tuo progetto, quello che hai scritto, cioè torniamo sul concreto, ti accorgi delle diverse dinamiche.

Noi di -skopìa stiamo portando l’approccio anticipante a livello di governance per le organizzazioni di ogni tipo, aziende private o amministrazioni pubbliche. Secondo te, su che cosa bisognerebbe insistere perché questo approccio diventi effettivo?

Eh, mi viene in mente il sistema con cui oggi vengono prese le decisioni. Parliamo di tre fasi secondo me, quando ci occupiamo di futuri: c’è da decidere di affrontarli, c’è da decidere dove vogliamo andare, e c’è da decidere se andarci davvero.

C’è una fissazione, un dubbio ricorrente: chi ti vende qualcosa raramente fa il tuo bene!

La cosa più bella che è uscita dal percorso con -skopia è il fatto che non vendete un prodotto. La cosa sembra piuttosto aleatoria, voi portate “la voglia di immaginare”, che è già un qualcosa di non tangibile, immaginare i futuri poi è ancora meno tangibile!

Ci siamo portati a casa la voglia di immaginare quindi è riuscito per assurdo un progetto a medio e breve termine in maniera molto più efficace di quello che ci si era immaginati! Proprio perché ci siamo riabituati a pensare, e non è così banale!

Il vostro lavoro me lo immagino più come uno zaino che ha dentro di tutto: c’è il “panet”, il panino da mangiare… ma lì giù in fondo c’è anche, quasi dimenticato, il k-way. Magari ti è sempre andata bene e non hai mai preso l’acqua, però nell’eventualità in cui venga a piovere è importante averlo! Questo è stato per noi il progetto Coop2040: è il “poncio” che ora abbiamo in fondo allo zaino per i nostri futuri.

La vostra difficoltà, secondo me, è dare valore perché tutti non vi chiedo un prodotto, ma pretendono contenuti e vi tocca ragionare su ciò che poi va a salvarti in caso di emergenza. Voi siete il k-way in fondo allo zaino che ti va a salvare se le cose vanno in un’altra direzione.

Forse, la cosa più bella che voi fate è stimolare la voglia di “andare in montagna” attraverso la metafora del k-way ovvero la voglia di riappropriarsi dei futuri.

Grazie a Luca e ai giovani cooperatori per essersi messi in gioco e per aver immaginato insieme i futuri della cooperazione trentina!

Francesco Brunori
Francesco Brunori
Laurea triennale in Studi Internazionali, Laurea magistrale in Gestione delle Organizzazioni e del Territorio e Master di II livello in Previsione Sociale. Inizialmente focalizzato sul futuro della medicina e sull'invecchiamento della popolazione, si è interessato poi alla formazione in ambito educativo e aziendale. Con altri colleghi gestisce esercizi di Futuro complessi in diversi settori. Matura competenze nella gestione aziendale, delle vendite e del marketing di cui è il responsabile all'interno di -skopìa. Coordina le attività di -skopìa [EDUCATION] ed è responsabile dei Future Labs.