La Storia dei Futures Studies: Le Origini. Parte Prima - SKOPIA Anticipation Studies Blog

La Storia dei Futures Studies: Le Origini. Parte Prima

Oggi la parola “futuro” è sulla bocca di tutti, sulle pagine dei giornali, in televisione e sul Web; abbiamo webinar sul futuro di questo o dell’altro tema. E tuttavia se ne parla spesso in maniera molto superficiale. Pochi riconoscono infatti agli Studi sui Futuri di essere una disciplina scientifica con proprie metodologie e strumenti specifici per incidere sulla realtà. E poco credito viene attribuito alla figura del professionista che studia il futuro. In Italia manca quasi totalmente la sensibilità verso questa disciplina che può essere rilevante per la governance delle organizzazioni, mentre l’Unione Europea ne incentiva l’applicazione e altri Paesi del mondo ne sfruttano le potenzialità. 

Nonostante questa legittimazione ancora scarsa, ci sono realtà che in Italia portano avanti attività specifiche di informazione, ricerca accademica e alfabetizzazione ai Futuri, prima fra tutti la Scuola di Trento con la Cattedra Unesco sui Sistemi Anticipanti del professor Roberto Poli, il Master di secondo livello in Previsione Sociale dell’Università di Trento (sempre diretto dal Professor Poli) a cui ci affianchiamo anche noi di -skopìa trasferendo la teoria e le ricerche accademiche attorno agli Studi sui futuri in progetti e percorsi di implementazione degli esercizi di futuro e quindi di pianificazione e messa a terra concreta per le aziende, le amministrazioni pubbliche e le scuole.

Lo scopo non è un parlare fine a sé stesso di futuro, quello che è necessario fare è identificare i problemi “che non ci fanno dormire la notte”, superare le visioni a breve termine e agire in maniera strategica per realizzare i futuri che più ci interessano, che desideriamo, che vorremmo veder realizzati. Sembra uno scoglio insormontabile, ma già con piccoli passi possiamo allenare il nostro approccio al futuro e imparare ad utilizzare strumenti e competenze specifiche per invertire la rotta, cioè per governare e non subire i cambiamenti, le sorprese e prepararsi ad essere resilienti sul lungo termine. 

sono solo alcuni dei tanti strumenti da cui si può partire. Un altro modo per capire meglio cosa sono gli Studi sui Futuri è senz’altro conoscerne l’origine, ripercorrerne la storia e indagare quei bisogni che ne hanno stimolato la crescita. Con questo intento abbiamo deciso di raccontarvi la storia dei Futures Studies attraverso tre brevi articoli che ne descrivono la nascita e lo sviluppo fino ad oggi.

L’essere umano ha sempre pensato al futuro, cercando di prevederlo. In ogni cultura, in ogni tempo ed in ogni luogo l’idea di futuro, consapevole o inconsapevole, è stata motore di evoluzione per l’umanità. Come afferma la sociologa Eleonora Masini, che ha introdotto negli anni ‘70 del secolo scorso in ambito accademico in Italia il termine “previsione sociale” quale traduzione dell’inglese Futures Studies:  «l’essere umano diventa tale nel momento in cui pensa al futuro, nel momento in cui cerca di pianificarlo». Ma se il desiderio di prevedere il futuro è sempre stato presente nel pensiero e nelle azioni dei nostri predecessori, le attitudini e l’approccio al futuro sono cambiati a seconda del momento storico, dato che il futuro è sempre stato anche un simbolo, uno stratagemma o un filtro per rendere esplicito lo spirito con cui le diverse epoche hanno vissuto il presente e dato valore al passato.

La nascita dei Futures Studies come disciplina si può fondamentalmente ricondurre al Secondo dopoguerra, al desiderio e alla necessità di dare un senso alle nuove condizioni geopolitiche, alla modernizzazione spinta, alla rapida crescita economica e alle nuove tecnologie emergenti.  La prima ondata di speculazioni teoriche attorno al concetto di futuro, che va dal 1945 al 1960, nacque in ambito statunitense e fu fortemente influenzata dall’approccio militare durante il periodo della cosiddetta Guerra Fredda e dalla preoccupazione per la proliferazione di armi nucleari. Per questo ebbe un’articolazione prevalente di stampo quantitativo. I “futuristi” del tempo, che all’epoca probabilmente non si definivano ancora tali, si avvalevano di metodi strategici quali la modellazione quantitativa, la teoria dei giochi, la cross-impact matrix ed il metodo Delphi, ma al tempo stesso iniziarono ad utilizzare metodi di costruzione di scenari e di estrapolazione di trend. L’espressione più celebre di questi primi approcci fu la RAND Corporation, think-tank “orientato al futuro” tutt’oggi in attività e istituito nel 1945 dall’aviazione militare statunitense (USAAF) e dal costruttore di aeromobili Douglas. Si occupava di questioni di sicurezza nazionale, avvalendosi di metodi di forecast con particolare riguardo alla tecnologia; perfezionò il metodo Delphi che divenne presto importante strumento degli Studi sui Futuri. 

Gradualmente gli Studi sui Futuri iniziarono ad uscire dall’ambito militare per entrare nelle università e diffondersi in altri Paesi, ad adottare anche una prospettiva incentrata su questioni sociologiche, sia globali che locali e ad esaminare i futuri possibili per l’umanità.

Sempre in questo periodo pionieristico nacque l’idea che il futuro è multiplo e da questa visione si sviluppò il concetto di scenario, anzi al plurale, di “scenari”. Una prima definizione può essere ricondotta a Herman Kahn, futurista statunitense, che coniò il termine scenario planning negli anni ’50 quando lavorava proprio per la Rand Corporation. Kahn, per integrare la visione ristretta che producevano i metodi quantitativi di forecast, introdusse una tecnica per descrivere il futuro che si basava sulla creazione di storie come se fossero scritte da persone nel futuro.

Alla fine degli anni ‘50 in Francia Gaston Berger definì il concetto di “antropologia prospettiva” e fondò il  “Centre International de Prospective” allo scopo di incoraggiare un approccio olistico e razionale alle decisioni più attento alle conseguenze a lungo termine. La teoria de “La Prospective” studia le varie situazioni in cui l’umanità potrebbe trovarsi nel futuro attraverso una visione sistemica e globale, composta da vari attori che interagiscono nel presente alla luce dei futuri possibili e desiderabili – senza dimenticare la centralità dei valori e delle aspirazioni umani. La Prospective consente di individuare e valutare scenari attraverso metodi qualitativi e quantitativi e di sviluppare strategie che possano efficacemente contrastare gli ostacoli, che emergono dagli scenari, al raggiungimento degli obiettivi nel futuro.

Abbiamo visto che la nascita dei Futures Studies risale agli anni ’50, la loro istituzionalizzazione avviene invece solo a partire dal decennio successivo grazie alla costituzione di network di futuristi, più o meno spontanei, ma soprattutto attraverso la fondazione di organizzazioni, riviste, pubblicazioni e percorsi universitari di alta formazione dedicati specificatamente allo Studio sui Futuri, tra i quali citiamo il centro studi Futuribles Internationales, fondato da Bertrand e Helene de Jouvenel, la World Futures Studies Federation e il Club di Roma di cui parleremo più approfonditamente nel prossimo articolo.

Pillole di storia per aprire una finestra sull’evoluzione di un pensiero contemporaneo che può dare un formidabile contributo per affrontare più preparati e consapevoli i prossimi decenni.

Fonti bibliografiche

Godet M., Creating the Future: the use and misuse of scenarios, Lipsor Working Paper, 2008

Masini E.,  Rethinking Futures Studies, Futures 38, 2006

McHale J., The future of the future, Braziller, New York, 1969

Son H., The history of Western futures studies, Futures 66, 2015

Sara Boller
Sara Boller