La Storia dei Futures Studies: Le Origini. Parte Seconda - SKOPIA Anticipation Studies Blog

La Storia dei Futures Studies: Le Origini. Parte Seconda

Nella prima parte del nostro percorso storico alla scoperta dei Futures Studies abbiamo parlato delle origini di questa disciplina: la nascita spontanea e quasi concomitante in Europa e negli Stati Uniti d’America ed i primissimi sviluppi. 

In questa seconda puntata parleremo brevemente del Club di Roma e de “I Limiti dello Sviluppo” e ci soffermeremo su uno dei metodi di costruzione di scenari più conosciuto e significativo per lo sviluppo e la diffusione dei Futures Studies: gli “scenari Shell”. 

Se si parla di organizzazioni fondamentali per la diffusione degli Studi sui Futuri non si può non citare il Club di Roma, think-tank fondato nel 1968 da Aurelio Peccei, industriale italiano, e Alexander King, scienziato scozzese, composto inizialmente da un piccolo ed eterogeneo gruppo di studiosi e decisori con visione. Il lavoro più famoso del Club, che gli valse riconoscimento globale, fu la ricerca pubblicata nel 1971 in un volume intitolato “I Limiti dello Sviluppo”. Lo studio, curato dal MIT e finanziato da Volkswagen, trattava per la prima volta al mondo in maniera strutturale problematiche che oggi potremo definire di sostenibilità globale quali, per esempio la crescita della popolazione, l’esaurimento delle risorse naturali, la povertà. Fu particolarmente importante perché, oltre ad essere una delle prime ricerche sul futuro con prospettiva a lungo termine, inserì a fianco degli aspetti economici e tecnologici, anche problematiche ecologiche ed ambientali. Il messaggio, con connotazioni per certi versi apocalittiche, contenuto in questo report fu uno dei due eventi che diede origine alla “seconda ondata” di propagazione degli Studi sui Futuri, perché assieme alle conseguenze della Crisi energetica del 1973 (carenza di petrolio a seguito della Guerra del Kippur e prima Austerity internazionale) promosse l’utilizzo della disciplina dei Futures Studies come metodo riconosciuto a livello di governance per la pianificazione strategica. 

A partire dagli anni ’70 infatti il discorso sugli Studi sui Futuri prese una dimensione globale e comparve l’idea di «futuro globale», ovvero futuri che fossero di interesse sovranazionale e che coinvolgessero tutta l’umanità. Questa dimensione sviluppò un nuovo modo di pensare al futuro e nuovi modelli di pianificazione che influenzarono in maniera diretta altre discipline umanistiche e scientifiche. Proprio gli eventi di questi anni consentirono ai Futures Studies di farsi largo progressivamente anche in ambito industriale e aziendale, principalmente attraverso la costruzione di scenari strategici. In particolare grazie all’esperienza della Royal Dutch Shell che fu protagonista di una costruzione di scenari di grande successo la cui eco arriva fino ai nostri giorni. 

A partire dal 1965 la Royal Dutch Shell decise di iniziare due progetti con lo scopo di comprendere meglio il futuro della multinazionale dell’Oil&Gas. Inizialmente venne costituito un team che aveva l’obiettivo di analizzare il futuro con un metodo di previsione basato su analisi quantitative create a partire da modellazioni dinamiche di tipo finanziario. Questa metodologia di forecasting era particolarmente in voga all’epoca, ma ben presto il progetto venne chiuso in quanto l’azienda si accorse che le rilevazioni, oltre ad essere spesso inesatte, non riuscivano ad andare oltre l’orizzonte temporale di sei anni, una finestra insufficiente per il mercato petrolifero. Nello stesso periodo nacque anche il programma “Long-Terming Studies”, con a capo Ted Newland e Henk Alkema, che aveva l’obiettivo molto generale e vago di “guardare al futuro con un orizzonte temporale di lungo termine”. Non era stata scelta a priori nessuna metodologia e l’intero progetto era di tipo puramente sperimentale, fu quindi con quest’ottica di sperimentazione che il team iniziò a ricercare i possibili futuri indagando alcuni scenari alternativi. Dopo due anni al team si aggiunse Pierre Wack grazie al quale si arrivò a definire il metodo di costruzione di scenari che venne poi utilizzato e che prese il nome della multinazionale olandese. 

Il primo studio completo del team esplorava l’ambiente finanziario ed economico del 2000; una delle conclusioni affermava che la congiuntura di espansione, che stava ancora trainando il mercato petrolifero da lunghi decenni, non era semplicemente destinata a durare ulteriormente, ma si tratteggiava un futuro caratterizzato da grandi discontinuità di prezzi e di attori del mercato. Alla luce di questo report l’azienda decise che era opportuno trovare un nuovo metodo di pianificazione e chiese ad un ampio gruppo di aziende affiliate e attori del settore di sfidare i loro schemi mentali in un esercizio denominato “Horizon Year Planning”, applicando il metodo di costruzione di scenari di Herman Kahn, a cui erano state apportate alcune modifiche per rendere l’esercizio più pertinente alle necessità del tema e del gruppo. 

Questo lavoro mostrò tutta la sua potenzialità e utilità quando nell’Ottobre del 1973 iniziò l’embargo della Crisi petrolifera già citata e la Royal Dutch Shell, che aveva visto e si era preparata delle strategie di mercato alternative in anticipo, non solo sopravvisse alla crisi ma ne approfittò crescendo in controtendenza ai competitori

La costruzione di scenari strategici si era definitivamente dimostrata come un metodo ormai maturo: gli scenari inventati da Kahn e colleghi enfatizzavano ancora il grado di probabilità, gli scenari de La Prospective si focalizzavano invece sull’aspetto esplorativo, sul cosa sarebbe potuto accadere, mentre gli scenari Shell concentravano l’attenzione sulla plausibilità: ogni scenario è tenuto in considerazione almeno finché non diventi inverosimile per ragionamento logico e/per evidenze di contesto. 

Gli esercizi di futuro della Shell furono fondamentali per i Futures Studies perché fecero proliferare studi e applicazioni a partire da una nuova modalità di costruzione di scenari strategici, da cui anche -skopìa ha preso riferimento ed ispirazione per progettare la propria metodologia, attingendo agli esiti più recenti della teoria dell’Anticipazione e implementandola con una specifica attenzione alla fase convergente e quindi più propriamente strategica e decisionale, che propone ad organizzazioni, aziende e pubbliche amministrazioni, per pianificare i loro futuri di medio e lungo termine.   

Altra importante caratteristica di questa “seconda fase” dei Futures Studies fu la nascita e la diffusione del concetto di futuri normativi, ovvero della distinzione all’interno dell’ampio spettro dei futuri possibili tra futuri positivi (desiderabili o preferiti) e futuri negativi (non desiderabili o distopici) attorno ai quali organizzare distinte strategie di esplorazione. 

Nella terza ed ultima parte della nostra storia dei Futures Studies scopriremo altre due varianti di costruzioni di scenari che mostrano importanti tratti di originalità e hanno trovato consenso e successo sia nel mondo accademico che nelle applicazioni pratiche: gli scenari Mont Fleur e gli scenari con il metodo Manoa.

Fonti bibliografiche

Facioni C., L’esperienza ed il contributo italiano ai Futures Studies, Tesi di dottorato, “Sapienza” Università di Roma, XXIII ciclo, 2011

Schultz W., The History of Futures, published on The Future of Futures. APF Compass, 2012

Son H., The history of Western futures studies, Futures 66, 2015

Wack P., Scenarios: Uncharted Waters Ahead, September Issue, 1985

Wilkinson A., Kupers R., Living in the Futures, Havard Business Review, Maggio 2013

Sara Boller
Sara Boller