Lo spazio multipolare

Lo spazio multipolare

Come in terra, così in cielo. La globalizzazione allarga la sua portata: lo spazio non è più una frontiera remota, ma l’arena della competizione

Nel corso degli ultimi 100 anni, a causa della Grande Depressione, delle due guerre mondiali, dell’Olocausto, della minaccia di guerra atomica, di due pandemie, ecc. l’Occidente è stato fiaccato da un crescente scetticismo verso la scienza e la tecnologia e da uno strisciante pessimismo economico.  

Gli esperti lo hanno potuto misurare dal declino dei vocaboli ed espressioni legate al progresso e al miglioramento delle nostre sorti che si possono riscontrare nel mondo dell’informazione e nella letteratura.  

Un percorso inverso si è avuto in Asia, con il baricentro globale economico e dell’ottimismo che ha cominciato a muoversi dalla regione euro-atlantica a quella dell’Asia-Pacifico a partire dagli anni Ottanta.  Il McKinsey Global Institute ha previsto che arriverà in Estremo Oriente dal 2025 in poi.  

Degli scienziati cinesi hanno utilizzato dati satellitari dal 2012 al 2021 per misurare la distribuzione spaziale e il movimento della luce artificiale in 11 Paesi del Sud-Est asiatico. L’intensificazione dell’illuminazione si è estesa intorno alla Cina ad una media di 145 metri al giorno, pari a 476 km (300 miglia) in meno di un decennio.  

Il mondo non si sta “deglobalizzando”, poiché l’attività commerciale globale rimane robusta e il rapporto commercio/PIL ha superato i livelli pre-pandemici.  

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Nonostante le tensioni geopolitiche e il rallentamento della crescita degli esportatori, nuove iniziative e nuove tecnologie facilitano gli affari internazionali. Le catene di approvvigionamento globali si adattano alla geopolitica e gli investimenti transfrontalieri sono in ripresa. Le multinazionali stanno localizzando le operazioni in mercati emergenti, senza necessariamente rimpatriarle.  

Il mondo si sta “bipolarizzando”, per via della rivalità tra Washington e Pechino, ma la destinazione finale sembra essere multipolare.  

La maggiore crescita delle infrastrutture e del reddito si sta infatti verificando nella regione che si estende da Istanbul a Giacarta: sta seguendo lo stesso percorso della Cina verso un’industria manifatturiera a più alto valore aggiunto. 

Il derisking occidentale ed orientale sta avvantaggiando i grandi connettori, come il Vietnam e il Messico, che fungono sempre più da hub per i flussi commerciali tra Stati Uniti e Cina. Nel 2023, per la prima volta, le esportazioni cinesi verso il Sud-est asiatico hanno superato quelle verso gli Stati Uniti. Le aziende cinesi sfruttano il Vietnam e la Thailandia per le operazioni di finitura dei prodotti destinati agli Stati Uniti e ad altri mercati sviluppati. 

Quest’anno il Messico ha superato la Cina nel commercio con gli Usa, perché sempre più aziende cinesi inaugurano stabilimenti a sud del confine statunitense. Le esportazioni cinesi verso il Messico sono in aumento con merci destinate al mercato USA spedite attraverso il Messico per aggirare le tariffe statunitensi.  

Qualcosa del genere sta accadendo anche con Polonia, Ungheria e Turchia.  

L’Asia orientale resta il motore dell’economia mondiale, con la Cina in testa. Nell’ultimo decennio, questo blocco ha generato il 42,4% della crescita del PIL mondiale, più di qualsiasi altra regione. Un rallentamento c’è stato, in Cina. Citigroup prevede che l’economia cinese supererà quella statunitense all’inizio del 2040. Un anno fa poneva questo traguardo a metà degli anni 2030.  Ha comunque previsto un rallentamento anche per gli USA.  

È probabile che entrambe le economie sfrutteranno il volano dell’aggregato di intelligenza artificiale e colonizzazione spaziale per riprendere a correre. Lo stesso faranno UE, Giappone, ecc.  

Con l’aspirazione a essere pioniera nei progressi dell’energia da fusione nucleare, nella costruzione di stazioni spaziali e nelle missioni lunari con equipaggio entro il 2030, la Cina sta dando vita a una “corsa agli armamenti” tecnologici con implicazioni di vasta portata. 

I suoi progressi diventeranno il catalizzatore di una rivoluzione tecnologica senza precedenti e di una nuova corsa allo spazio che ridefinirà le priorità finanziarie, economiche e geopolitiche dell’umanità. In risposta ai progressi della Cina, il mondo ha assistito a una rivitalizzazione dei programmi spaziali in tutto il mondo. 

Negli anni Trenta e Quaranta l’Europa, come l’America, impegnerà una parte significativa della popolazione in attività legate allo spazio, sia per competere con la Cina sia per riacquistare la coesione sociale, la volitività e l’ottimismo smarriti nel corso del tempo, grazie ad un’impresa comune su vastissima scala. 

La posta in gioco è altissima e quindi tutte le nazioni e i blocchi economici in grado di farlo saranno protagonisti.  

Di conseguenza questo periodo di trasformazione della storia umana in cui lo spazio, da frontiera remota, diventa un’arena delle nostre attività, sarà all’insegna del multipolarismo. 

Stefano Fait
Stefano Fait
Stefano Fait è un analista di previsione strategica con un talento per l’Open Source INTelligence e la costruzione di scenari strategici. Usa metodi quantitativi e qualitativi e ricerca analiticamente connessioni tra concetti, eventi e processi, coltivando però anche la capacità di intuizioni profonde.