UPS - Unità di Previsione Strategica: la lunga via verso la loro realizzazione - SKOPIA Anticipation Studies Blog

UPS – Unità di Previsione Strategica: la lunga via verso la loro realizzazione

La strada per realizzare delle Unità di Previsione Strategica efficaci è ancora lunga. Le scelte e le affermazioni dell’OCSE ne sono un esempio

Unità di Previsione Strategica: il caso dell’OCSE dovrebbe farci riflettere su come questo strumento venga utilizzato e interpretato dalle organizzazioni internazionali.
Alcuni grandi think tank, che sono anche blasonati istituti di consulenza, si sono cimentati in tempi non sospetti con l’idea di introdurre la Previsione Strategica nelle attività delle organizzazioni ed in particolar modo  delle pubbliche amministrazioni. Siccome attori di queste dimensioni e notorietà interagiscono per lo più a livello “alto”, cioè governativo o quanto meno regionale, il loro approccio tende ad essere altrettanto “alto” e quindi a vedere le cose piuttosto a livello di “policy”, cioè di politiche generali, che non a preoccuparsi dell’indirizzo alle reali azioni da intraprendere per assimilare i cambiamenti e trarre strategie di trasformazione o di adattamento (in caso di reali megatrend).

Lo ha fatto e lo continua a fare l’OCSE (OECD) che dispone addirittura di un’unità specializzata a questo scopo e che nel tempo ha prodotto vari report e guide sull’argomento tra cui più specificatamente nel 2019 un compendio intitolato Strategic Foresight for Better Policies. Building Effective Governance in the Face of Uncertain Futures

Il ruolo delle unità di previsione strategica secondo l’OCSE

L’approccio di OCSE parte dalla classica constatazione che i governi devono affrontare molteplici pressioni, già nel presente, che vanno dalle turbolenze nell’economia e nella finanza a tensioni internazionali, snocciolando una serie di megatrend (o presunti tali) come la polarizzazione sociale, il declino del lavoro, le migrazioni su larga scala e l’invecchiamento della popolazione, la crisi climatica, la rapida digitalizzazione e via discorrendo. 

Il ricorso allo strategic foresight è quindi una necessità quasi contingente “in tempi di rapidi cambiamenti e di incertezza” che costringono a prendere in considerazione “molteplici possibilità future”. In realtà la nostra disciplina, gli Studi di Futuro, dice che i cambiamenti ci sono sempre stati (e quindi le incertezze e i “rischi del futuro”) solo che in quest’epoca il loro affastellarsi e susseguirsi è sempre più rapido nonché la loro portata in termini di impatti. Ma questo non significa che “in passato” la previsione strategica non fosse comunque una attività strategica già necessaria e che, se applicata, non avrebbe consentito di arrivare oggi con stati, società, cittadini più pronti ad affrontare questa era di transizioni.

Semplicemente chi oggi, a livello di massimi decisori all’interno delle organizzazioni e segnatamente della PA, decide di ignorare l’approccio anticipante, si deve fare carico di questa responsabilità per la sua comunità e per le generazioni che verranno.

L’OCSE in questo scritto vede nella PS uno strumento “per supportare il processo decisionale dei governi” per identificare e prepararsi prima a nuove opportunità e sfide e per stimolare un pensiero che generi migliori politiche per affrontare queste opportunità e sfide. Una concezione un po’ riduttiva dell’Anticipazione che si ferma alla soglia del “fare” e che attribuisce alle competenze di futuro quasi solo un’intelligenza di indagine in una visione piuttosto tradizionale della consulenza. Sappiamo che anticipazione, per noi futuristi di -skopìa, significa invece trasformare ciò che si è “visto” durante le attività di forecasting e foresigthing in decisioni e piani di azione, che hanno bisogno di essere monitorati e “corretti” in corso d’opera per mantenere saldo l’orientamento al futuro e non cadere nella tentazione di tornare alla “gestione ordinaria”, nella semplice esecuzione di un programma già scritto. Per questo NON ci troviamo d’accordo con l’affermazione dell’OCSE che “la previsione strategica non è la stessa cosa della pianificazione strategica, ma ne è il presupposto. Il compito di sviluppare strategie e piani è rafforzato e supportato, ma non sostituito, dal pensiero del futuro.”

Limiti e punti di forza della visione dell’OCSE sulla previsione strategica

OCSE si riferisce in ogni caso correttamente ad un “sistema di previsione strategica” che deve rispondere a varie necessità: da quella a sostegno dell’attività dell’esecutivo (in termini d’impresa, indicheremo questi task tipici di una “funzione di staff”) a quella a sostegno dei poteri legislativi (ad esempio di un parlamento), dall’orientamento delle politiche (questo, ad es. il compito della vicepresidenza allo SF della Commissione) ad altre “missioni” di tipo istituzionale e a varie combinazioni di questi ed altri task.

Per quanto riguarda le caratteristiche nella composizione di uffici o unità dedicate alle attività di PS, l’OCSE genericamente affianca agli “specialisti di foresight”: 

  • esperti e ricercatori di scienze politiche, 
  • esperti nella produzione di policy per “disegnare” regole adatte a diversi futuri,
  •  ma anche esperti di pianificazione aziendale,
  •  risk manager, 
  • esperti di compliance 
  • ed esperti di comunicazione e di democrazia partecipativa per l’inclusione dei diversi stakeholder nel processo di decisione e per la creazione del consenso.

Dal nostro punto di vista ci sono alcune cose a cui si dovrebbe dare un peso diverso e alcuni ruoli o competenze che non sono stati considerati: ad es. l’intero processo dovrebbe essere governato da professionisti esperti di SF (non ci si improvvisa futuristi!) e poi mancano:

  • statistici (anche se le competenze possono essere veicolate da altri uffici interni all’organizzazione o da consulenti esterni),
  • data scientist ed esperi di IA, 
  • analisti (nel senso classico di questo ruolo e delle sue mansioni).

Un’indicazione interessante su cui insiste l’OCSE, è quella di diffondere la cultura dell’Anticipazione all’interno delle organizzazioni e quindi di incentivare forme di alfabetizzazione ai futuri, su cui non possiamo che essere totalmente d’accordo.

L’OCSE enfatizza il ruolo di Unità di Previsione Strategica centralizzate, di cui trova conferma in molte realtà statali in giro per il mondo e che in qualche modo serva da collettore  e da fornitori di servizi (anche di indirizzo?) per altre UPS decentrate sul territorio e/o presso amministrazioni di livello inferiore a quello governativo e, perché no, anche presso le amministrazioni locali. Questo, a nostro parere, è molto limitante, proprio perché in qualche modo imbriglia le potenzialità creative e generative dello SF che ha la sua ragion d’essere e di autonomia a qualsiasi livello lo si pratichi. Questo limite della concezione espressa da OCSE viene in parte mitigato da alcune affermazioni operative e dal concetto di “embeddedness” (difficile da tradurre nella sua complessità di significato che va dall’integrazione all’inclusività). Il principio si applica, infatti, anche “nell’estendere il dibattito sulla previsione strategica ai cittadini e agli altri principali stakeholder che saranno interessati dalle decisioni che verranno prese”.  Ed ancora, il coinvolgimento, praticato da alcune UPS a livello governativo, di imprese, lavoratori, scienziati e ricercatori, rappresentanti della società civile e dei media “può anche migliorare la qualità di un processo di previsione” e garantire una reale diversità di contributi.

Si tratta di un punto di vista molto interessante e istruttivo sulle UPS, che però riflette una visione dell’apparato decisionale e burocratico (nel senso positivo del termine) piuttosto tradizionale e non porta fino in fondo il tema implicito della trasformazione, quando si parla di una nuova governance anticipante.

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Antonio Furlanetto
Antonio Furlanetto
Dopo la laurea in Germanistica presso la facoltà di Trieste (ma anche Berlino e Lubiana) ha conseguito il Master in Diritto delle Responsabilità Civili presso l'Università di Genova, specializzandosi poi nel problem solving transnazionale e nella risoluzione dei conflitti culturali. Ha frequentato il Master in Previsione Sociale presso l'Università di Trento. Quando approda in -skopìa porta con sé oltre vent'anni di esperienza professionale nel settore delle assicurazioni (sinistri internazionali, fino al ruolo di country manager), nel risk manager (è socio di ANRA) e nel business aziendale per contribuire alla costruzione dei prodotti dedicati alle imprese e alle amministrazioni pubbliche.